La candidatura di Giovanna Giordano al Nobel per la letteratura. Storie di Magna Grecia lassù in Scandinavia

di Mercedes Auteri

Si premi l’opera con una maggiore “ispirazione ideale” e si dimentichi tutto il resto,

aveva detto Alfred Nobel istituendo questo prestigioso premio che, partito dalla Svezia più di un secolo fa, ha poi raggiunto il mondo intero scatenando non poche polemiche e infinite invidie.

Come succede ai bimbi a scuola: Perché a quello/a sì e a quell’altro/a no? Può essere che è così bravo/a? La candidatura se l’è scritta da solo/a! Chissà cosa c’è dietro…?
Pazienza. “There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about” diceva Dorian Gray dal pulpito del suo famoso ritratto. Mi prudevano le mani dalla voglia di scriverlo e sono caduta nella trappola di volere dire anch’io la mia.

Premetto che io sono di parte.

Giovanna Giordano è stata docente di Estetica e Storia dell’Arte del Novecento a Catania di generazioni di artisti, scrittori, giovani sognatori negli anni ’90 e 2000. Un giorno, dopo una lezione a casa sua, mostrandoci la sua collezione privata di arte moderna e contemporanea, guardandomi ha detto “Questo quadro è di Filippo La Vaccara, lo conosci? No??? Dovresti! Potreste fare grandi cose insieme”. Circa dieci anni dopo abbiamo fatto insieme un figlio, un libro, diverse mostre, cataloghi, viaggi e moltissime risate.

Giovanna Giordano con Santiago La Vaccara Auteri

Detto questo, torniamo in Svezia! Del Nobel si dicono tante cose ma solo poche sono note e sono queste: la prima, che si vincono un sacco di soldi (a questo giro, 950 mila euro) e una certa fama; la seconda, che il comitato vaglia i suggerimenti di letterati, accademie, ex premi Nobel (per cui, figuriamoci se una scrittrice, accademica e amica di premi Nobel, come dimostra la foto con Kenzaburo Oe, anche potendo aveva bisogno di scriversi la lettera da sola); la terza, che alza grandi polveroni, è che non sempre vince il migliore (Borges e Beckett per esempio sono stati bocciati, Proust e Virginia Woolf nemmeno nominati, per dirne quattro).

Giovanna Giordano e il premio Nobel Kenzaburo Oe


Ho letto sul web di giornalisti che hanno fatto indagini, hanno scritto a Stoccolma per sapere chi aveva candidato Giovanna Giordano e gli è stato risposto che i documenti sono segreti per 50 anni. Allora potrebbe essere uno scherzo? Secondo me no, non mi sembra tipo da Internazionale Situazionista. Allora come mai a volte si sa prima? A volte si sa prima, perché le case editrici, gli uffici stampa o gli stessi autori lo dichiarano. E come mai non l’ha fatto Marsilio Editore della Giordano? Perché non è più il suo editore. Negli ultimi anni si è dedicata alla famiglia e a “mettere al mondo il mondo” dando vita a una bambina bellissima, pubblicando centinaia di articoli (che sarebbero già altri tre libri di racconti brevi) ma neanche un romanzo. E non serve avere pubblicato un libro recente o tanti libri per avere il Nobel? No.

Esaurito il gossip mi piace pensare che in fondo questa è una storia da cui trarre insegnamento.

Giovanna Giordano è nata a Milano e vive tra Catania e Messina ma con la testa e il cuore chissà dov’è, nessuno lo sa. Ha girato più di mezzo mondo ed è stata pure a Timbuctù. Ha pubblicato tre romanzi: Trentaseimila giorni (Marsilio, 1996, Premio Racalmare Sciascia), Un volo magico (Marsilio, 1998, tradotto in Germania da Lübbe) e Il mistero di Lithian (Marsilio, 2004, Premio Sciascia e presentato al Premio Strega 2005). Nel 1991 è finalista al Premio Calvino, nel 2017 vince il Premio Internazionale di Giornalismo Taormina Media Award André Gide, nel 2020 è candidata al Premio Nobel per la Letteratura. Ce la vedrei a ritirare il premio lassù, tra i mari del nord e le aurore boreali (anche se quest’anno pare che si faccia tutto online per via della pandemia), mentre conferma che i nostri limiti li decidiamo noi e chi crede nell’impossibile invece limiti non ne ha.

Giovanna Giordano a Timbuctù

Per quello che ricordo, quando stavamo ad ascoltarla sognanti all’università e per avere pescato alcune foto dal suo sito personale, so: che andava spesso a trovare Leonardo Sciascia, che era amica del cuore di Fernanda Pivano, Ludovico Corrao e Enzo Sellerio, che trovava Luigi Einaudi un “incantatore di serpenti”, che il suo relatore di tesi era Carlo Ludovico Ragghianti, che ha lavorato per anni con Italo Mussa e conosce tanti “grandi” dell’arte e della fotografia – che sono le sue due passioni – ma la sua vita è la scrittura e non passa giorno in cui non scriva una “linea” (per dirla con Plinio, il Vecchio).

Giovanna Giordano con Leonardo Sciascia

Ora ha un libro nel cassetto e mi pare un bel momento per tirarlo fuori. Io i primi tre li ho letti tutti più volte, parlano della sua famiglia, dei suoi viaggi, dei suoi innamoramenti. Tutte storie vere anche se sono raccontate come arrivassero da un altro pianeta. Sono scritti come parla e mi piace sentirne la voce e cercare di capire quando dice una cosa tra le righe che poi, se la capisco, mi dà un sussulto, una felicità, e mi diverte e dentro di me è diventata mia – perché lei me l’ha regalata – e quando serve quel pensiero ritorna e mi aiuta. Ricordo la prefazione di Fernanda Pivano al “Mistero di Lithian”, dove definisce Giovanna una “scrittrice della Magna Grecia moderna anche nella scrittura, scabra e allusiva, visiva come un abbagliamento”. Ora vedo che su Wikipedia, nella pagina dedicata a Giovanna Giordano, c’è questa frase della Pivano evidenziata in rosso perché “senza fonte” e mi chiedo perché dobbiamo sempre mettere in dubbio tutto. E perché non ci possiamo fermare a gioire per la gioia di un altro, e basta.

Fernanda Pivano ha scritto pure che leggiamo le pagine di Giovanna Giordano “senza chiederci dove finisce il sogno e dove finisce la realtà. La sua scrittura appartiene al mondo di sempre, al mondo dei problemi senza soluzione ma intrisi di speranza, forse d’illusioni, un mondo che ha poco a che fare con le quisquilie che erano il pericolo che terrorizzava Pavese…”. Fernanda Pivano. Se per caso non sapete chi è, non saprei bene da dove cominciare ma insomma qualche dato posso riportarlo. Fernanda da ragazza tradusse clandestinamente “Addio alle armi” di Ernest Hemingway, censurato dai fascisti, in lingua italiana e per questo fu arrestata. Tradusse anche Edgar Lee Masters, Francis Scott Fitzgerald, Dorothy Parker, William Faulkner, portando l’America in Italia e diventando la talent scout dei grandi romanzieri della Beat Generation. Salva Allen Ginsberg dal carcere e convince Mondadori a pubblicare il romanzo culto “On the road” di Jack Kerouac firmandone la prefazione. A Kerouac e a Giordano, insomma.

Fernanda Pivano, che nella prefazione a Lithian cita le “quisquilie” del suo professore, ammiratore, pretendente non corrisposto (perché lei era innamorata di Ettore Sottsass) e amico: Cesare Pavese (che proprio a lei avrebbe dedicato tre poesie di “Lavorare stanca”: «Mattino» (“È buio il mattino che passa senza la luce dei tuoi occhi”, «Notturno» “Tu non sei che una nube dolcissima, bianca/ impigliata una notte fra i rami antichi”), «Estate» («Tu muovi il capo/come intorno accadesse un prodigio d’aria/ e il prodigio sei tu»). Ecco, lei, ha scritto quelle cose di Giovanna Giordano.

Giovanna Giordano e Fernanda Pivano

A qualcuno importa ancora scoprire chi l’ha candidata al Nobel? Allora, portate pazienza, aspettate 50 anni per l’accesso ai documenti segreti oppure lentamente fatevene una ragione o, meglio, dedicatevi a sognare “un mondo con meno quisquilie” perché la letteratura ci insegna proprio questo, che da ogni storia possiamo trarre insegnamento.

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