FILIPPO LA VACCARA, UN RITRATTO ARBITRARIO

Un dialogo tra Manifiesto Blanco, Filippo La Vaccara e Mercedes Auteri

di Giovanni Rainoldi, sociologo e socio fondatore di Manifiesto Blanco

   Marcello Abbiati, storico dell’arte e socio fondatore di Manifiesto Blanco

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In occasione della mostra in corso fino al 25 novembre da Manifiesto Blanco e dell’uscita del libro edito da Allemandi, pubblicato grazie al finanziamento della Fondazione Pollock Krasner di New York, presentato al Museo del 900 di Milano, abbiamo intervistato l’artista Filippo La Vaccara e la curatrice Mercedes Auteri. Un “ritratto arbitrario” (titolo della mostra) di entrambi stavolta, nel racconto a due voci dei loro progetti più recenti. Abbiamo anticipato due domande per l’edizione Web di Incontri. La Sicilia e l’altrove, sarà possibile leggere il resto sulla versione cartacea, n. 18 di gennaio-marzo 2017, in corso di pubblicazione.

 IL 7 NOVEMBRE AVETE PRESENTATO PRESSO IL MUSEO DEL 900 DI MILANO IL VOLUME EDITO DA ALLEMANDI (SU) “FILIPPO LA VACCARA”, FRUTTO DEL PREMIO CONCESSO DALLA POLLOCK KRASNER FOUNDATION DI NEW YORK. COSA SIGNIFICA QUESTO EVENTO PER TE, MERCEDES, CHE HAI CURATO E SEGUITO IL LAVORO DI FILIPPO NEGLI ULTIMI ANNI?

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M.A. Per me questo libro e la sua prima presentazione ufficiale in un luogo
istituzionale importante hanno significato molto. Soprattutto una cosa: che il talento, la dedizione, il lavoro costante (che, nel nostro caso, hanno contraddistinto l’operato quotidiano di Filippo da sempre) vengono, prima o poi, in qualche maniera ripagati.

Il sistema italiano dell’arte è spesso asfittico e ripetitivo di alcuni schemi, molte volte dettati dal mercato insidioso, che non sempre favoriscono il progredire degli artisti. Invece, quest’anno, grazie a una donazione di due opere di Filippo della collezione Mario e Bianca Bertolini al Museo del 900 di Milano e a questo premio della Fondazione Pollock Krasner di New York, i vent’anni di carriera di Filippo (1996-2016) possiamo festeggiarli al meglio, attraverso un riconoscimento ufficiale e una più forte motivazione a dipingere, scolpire, scrivere ancora.

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COSA HA ISPIRATO IL TUO PERCORSO ARTISTICO, FILIPPO?

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F.L.V. Ho ricevuto e ricevo tante suggestioni dalle mostre, dai libri. Un catalogo d’illustrazione americana che ho comprato a Roma circa venticinque anni fa con le sue illustrazioni molto colorate per esempio è stata una vera e propria bomba, un’esplosione di luminosità, d’ironia e di precisione. Una delle svolte nel mio percorso è stata questa: il mondo dell’illustrazione. L’illustratore ha una grande considerazione per il pubblico, è nel suo interesse che i fruitori comprendano appieno ciò che viene rappresentato, perché l’illustrazione racconta una storia o rappresenta una situazione. Io attingo dall’illustrazione, con quel linguaggio un po’ fumettistico, semplificato, anche se non con fini prettamente narrativi.
L’altra cosa che ha rappresentato un punto di svolta è la scultura e l’architettura popolare indiana, che ho conosciuto durante i miei viaggi e mi ha mostrato come fosse possibile un’altra maniera di modellare. Era il 1999 quando ho fatto il primo viaggio in India. Una volta ritornato ho cominciato a lavorare con la scultura perché avevo percepito come questa forma d’arte fosse ancora vibrante e molto sentita dalla popolazione locale.
E poi c’è lo studio sui libri, la passione per le pubblicazioni: la mia collezione cresce, imparo dai pittori di tutto il mondo. La mia nuova pubblicazione sponsorizzata dalla Pollock-Krasner Foundation è un modo per divulgare il mio lavoro e mi piacerebbe che anche ad altri colleghi o appassionati venisse la voglia di averlo come succede a me. Pubblicherei subito altri libri, magari tematici, perché, come pensano alcuni grandi fotografi, i cataloghi sono album preziosi, oggetti insostituibili.

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Foto: Susanna Bai, Daniela Sacco, Filippo La Vaccara